Incastonato ai piedi delle Apuane, ma a pochi minuti dal centro storico di Carrara, il borgo di Torano vanta un’antichissima tradizione nell’estrazione e lavorazione del marmo.
Si vuole che il nome rimandi all’origine romana dell’insediamento, ed i ritrovamenti archeologici nelle vicine cave di Polvaccio, Poggio Domizio e Canalbianco, confermano come questi luoghi fossero frequentati sin dall’età classica. I più ne legano il nome al latino “taurus” (toro), ad indicare un sito per il ricovero dei buoi destinati al trasporto dei marmi, ma Torano potrebbe derivare anche dal celtico “thaur” (o “thor”) che significa monte, o rimandare alla dea etrusca “Toran”, corrispondente alla greca Afrodite.
Strategica, in ogni caso, la prossimità alle celebri montagne ricche di Bardiglio (dal tipico colorito tra il grigio ceruleo e il bluastro), del prezioso Calacatta, con le sue venature giallo-oro, fino al celebre Statuario del Polvaccio, tanto caro a Michelangelo.
Non è dunque un caso se, da queste poche case aggrappate alla roccia, sono emersi scultori tra i più celebri del loro tempo, da Giuliano Finelli (1601-1653), che rivaleggiò con Bernini nella ritrattistica barocca, a Domenico Guidi (1625-1701), allievo dell’Algardi e più volte Direttore dell’Accademia di San Luca a Roma, e Pietro Tenerani (1789-1869), discepolo di Thorvaldsen e protagonista assoluto nel panorama della scultura purista dell’Ottocento.
Questi artisti, e tanti loro colleghi meno fortunati, partirono in giovane età verso le grandi capitali della scultura italiana (Roma e Napoli su tutte), dove raccolsero successi e onori, senza fare mai ritorno nelle terre d’origine. Almeno uno di loro, tuttavia, volle lasciare un ricordo della sua arte nella chiesa dove aveva ricevuto il battesimo: fu così che la parrocchiale di Torano (Santa Maria Assunta), si trovò ad accogliere un capolavoro del barocco romano nella sua fase più matura, la Sant’Apollonia (1694) di Domenico Guidi. Incorniciata da un bell’altare dall’andamento curvilineo, la statua è ancora al suo posto, a capo della navata sinistra, e varrebbe da sola a giustificare una visita al paese. Apollonia, che sostiene con il braccio la palma del martirio e le tenaglie del crudele supplizio, è raffigurata mentre si getta sulle fiamme, temendo forse di cedere alle torture, con lo sguardo rivolto al cielo. La finissima lavorazione e l’andamento ricercato dei panneggi racchiudono un’immagine altamente ispirata, capace di comunicare una grande forza spirituale senza cadere nel patetismo.
L’intera chiesa dell’Assunta è, d’altro canto, di sicuro interesse: l’altare maggiore, che poggia su un paliotto riccamente intarsiato, è coronato in maniera piuttosto originale da un affresco (Madonna col Bambino tra i santi Giovanni Battista e Andrea) dipinto nel 1574 da Agostino Ghirlanda. La scena è elegantemente tripartita da due fusti di colonna, che dividono la nicchia centrale con la Vergine dalle figure di angeli e santi (Anna e Giuseppe) che concludono l’insieme. Al di sopra una lunetta affrescata con un Compianto sul Cristo Morto ricco di ricordi, formali e cromatici, della pittura fiorentina del Cinquecento.
Meritano più di un’attenzione anche il pulpito/confessionale, ricco di marmi colorati e impreziosito da finissimi lavori di intaglio, con la figura di San Giovanni Evangelista (1782) del toranese Giovanni Antonio Bertè (professore di scultura nell’Accademia di Carrara), e il notevole crocifisso marmoreo settecentesco, sull’altare che chiude la navata destra.
Uscendo dalla chiesa per il portale laterale (datato 1593), si potrà ammirare, in una lunetta sul fianco dell’edificio, un altro affresco del XVI secolo (Madonna col Bambino), mentre nell’adiacente piazzetta si trova una bella fontana, con grande vasca in marmo, stemma Cybo-Malaspina ed iscrizione seicentesca che ricorda poeticamente la ricchezza d’acque del territorio. Poco più avanti si trova un bassorilievo (1466) con San Bernardino entro una nicchia fittamente ornata, e la figura del donatore che emerge tra i fregi sulla destra.
Conclude la piazza, all’imbocco della via Taurina, l’oratorio dei Santi Quattro Coronati: sull’altare una pala in marmo raffigura i quattro martiri, protettori di scalpellini, scultori e muratori, intenti nella lavorazione di varie opere in marmo.
Ai margini dell’abitato, sulla strada che scende a Carrara, si trova infine un piccolo oratorio dedicato all’Annunziata, con pregevoli sculture e ornati di inizio Settecento.
La manifestazione “Torano Notte e Giorno”, che anima le estati del paese da oltre venticinque anni, è l’occasione migliore per scoprire i vicoli, le cantine, le corti e gli angoli più suggestivi del borgo, in percorsi arricchiti da installazioni artistiche ed esposizioni d’artigianato.