L’abitato di Avenza, frazione del Comune di Carrara a due chilometri dalla spiaggia, si presenta oggi con aspetto moderno ma nasconde un’antica storia risalente perlomeno al 1180, anno di fondazione del “burgus novus de Aventia”. Pochi anni più tardi (1187) si ha già notizia di una pieve intitolata a San Pietro, i cui resti affiorano dall’edificio attuale, di costruzione seicentesca: la facciata, sulla pedonale piazza Finelli, è molto semplice, e non lascia presagire la ricchezza del patrimonio storico artistico conservato all’interno.
Prima di entrare si notino, a fianco dell’ingresso, lo stemma con la mezzaluna dei vescovi di Luni e, nei pressi del campanile, una lunetta quattrocentesca a bassorilievo, con un Cristo risorto tra angeli adoranti, non del tutto finito.
L’accesso alla chiesa avviene attraverso il portale laterale destro; sulla sinistra si incontra subito un imponente colonna (ritrovata nel 1977) risalente alla prima costruzione, il cui livello di calpestio era evidentemente inferiore all’attuale.
Proseguendo lungo la navata si incontra, sulla parete destra, un’edicola del XIV secolo con una Madonna col Bambino, racchiusa da un’elegante cuspide a fiammella di gusto nordico, mentre sull’altare conclusivo spicca una preziosa Madonna col Bambino su tavola attribuita al cosiddetto Maestro di Barga (prima metà del Quattrocento). Probabile frammento di un’opera più grande, questa preziosa immagine è arricchita, sul fondo a oro e sulle vesti, da elaborate punzonature e incisioni; il bambino sorregge con la destra un cardellino, mentre la sinistra sembra giocare con il velo della madre, in un gesto intimo e familiare.
I pilastri della navata centrale sono animati da una serie di sculture cinquecentesche entro nicchie: fiancheggiano l’altare maggiore San Pietro (sx) e San Paolo (dx), mentre nel pilastro di sinistra si osserva una Madonna col Bambino. Questo primo gruppo di figure, di pregevole fattura, è stato variamente ricondotto alla bottega dello scultore lombardo Pietro Aprile (1477-1558ca.) o a quella del napoletano Gerolamo Santacroce (1502-1537), entrambi attivi a Carrara nei primi decenni del XVI secolo. Le opere dovevano appartenere ad una più complessa composizione, dalla quale deriva forse anche il Sant’Antonio Abate del pilastro di destra, da alcuni ritenuta opera più tarda, di metà secolo. Chiudono la serie le due belle nicchie, con valve a conchiglia e trabeazione mutila, inserite nella controfacciata: all’interno un Sant’Antonio di Padova moderno e una figura femminile cinquecentesca di incerta interpretazione, forse un’allegoria della Fede.
Il pulpito e l’altare maggiore, di fattura settecentesca, sono ricchi di ornati e intarsiati con marmi policromi.
Sul principio della navata sinistra, in corrispondenza del pilastro che sorregge l’orchestra, si notano i resti del portale della chiesa medievale, il cui orientamento era ortogonale rispetto all’attuale. Sul primo altare un Crocifisso ligneo duecentesco, che una popolare tradizione vuole qui trasportato da una chiesa dell’antica Luni.
Segue il cosiddetto Trittico Ringli (1438) giunto agli onori delle cronache per la sua rocambolesca vicenda (a lieto fine): il dipinto su tavola, che raffigura San Pietro in trono con i santi Antonio Abate e Maria Maddalena, fu commissionato dal capitano di ventura Peter von Johanns Ringli, luogotenente delle truppe di Francesco Sforza e comandante della fortezza di Avenza tra 1437 e 1441. Il trittico rimase assai poco nella chiesa di San Pietro e prese ben presto la via di Genova, in circostanze non del tutto chiare. Entrato nelle raccolte della Banca Popolare e Cassa di Risparmio di Genova, fu smembrato nel 1895, quando i suoi pannelli vennero messi all’asta. Le tavole entrarono quindi in possesso di un collezionista tedesco che, fortunatamente, acquistò in blocco i tre elementi, evitandone la dispersione. Dopo una serie di altre vicissitudini il Trittico Ringli tornò finalmente in Italia, nel 2018, grazie all’acquisto effettuato a Londra, presso una nota casa d’aste, da un gallerista milanese. Il parroco di San Pietro, interessatosi dell’opera, è quindi riuscito nell’incredibile impresa di raccogliere la somma necessaria all’acquisto dell’opera, con il concorso della cittadinanza, di alcune aziende locali e dello stesso gallerista, disposto ad accettare un prezzo di favore pur di veder tornare a casa un’opera di questo livello, dopo cinque secoli.
Dotato di un adeguato impianto di sicurezza, il trittico ha quindi fatto il suo trionfale ritorno nella chiesa di Avenza, dove è nuovamente conservato dalla fine del 2019. Studiata da alcuni tra i più importanti storici dell’arte italiani, l’opera è attribuita al Maestro di Sant’Ivo, pittore fiorentino attivo nel primo quarto del Quattrocento. Se la presenza di San Pietro è facilmente ricollegabile all’intitolazione della chiesa avenzina, la presenza di Sant’Antonio Abate potrebbe rimandare all’antico e contiguo ospedale dedicato al santo, ricordando come il luogo costituisse un’importante tappa nel cammino della via Francigena.