Il centro storico di Carrara è giunto fino a noi pressoché intatto, ed è pienamente leggibile nelle diverse fasi della sua costante evoluzione edilizia. Assecondando i ritmi incalzanti dell’economia marmifera, la crescita della città ha seguito criteri essenzialmente pragmatici: il nuovo tessuto urbano si andava ad aggiungere a quello preesistente, accrescendone l’estensione, mentre gli interventi di ristrutturazione urbanistica si sono limitati alla distruzione delle mura rinascimentali, e all’apertura della nuova piazza delle Erbe, senza quegli “abbellimenti”, portati avanti a suon di demolizioni e sventramenti, che caratterizzano la storia di molte città italiane.
I nuovi spazi creati con la creazione della cinta albericiana, comprese nello spazio cittadino luoghi già urbanizzati (come il rione di Grazzano) o dotati di funzione propria (come la “Platea Porcorum” divenuta piazza Alberica), lasciando pressoché immutata l’antica struttra del “borgo della pieve”, l’abitato più antico, di origine tardo medievale, stretto attorno alla chiesa di Sant’Andrea.
Un percorso suggestivo, nella Carrara medievale può prendere le mosse dalla parte più bassa della piazza Alberica, all’imbocco di via Ghibellina: qui sorgeva una delle antiche porte della prima cinta muraria della città, costruita con ogni probabilità dal marchese Guglielmo Malaspina tra 1212 e 1230. Scavi effettuati nelle fondamenta del palazzo Diana (il grande palazzo con loggiato che domina la piazza), hanno portato alla luce resti (non visitabili) di questa prima cinta, che marcava l’antico confine tra città e campagna. La porta, abbattuta nel 1630, prendeva il nome di Ghibellina (evocando la storica prevalenza, tra i carraresi, dei fedeli all’imperatore) e comprendeva la venerata immagine della Madonna del Popolo, poi traslata in duomo.
Pochi metri più avanti si apre sulla destra via Nuova, il cui nome si lega all’apertura della seconda cerchia muraria, i cui lavori iniziarono nel 1560. La salita di via Ghibellina conduce quindi alla piazza del Duomo, localmente nota come “piazza drènt” (dentro, in contrapposizione al fuori degli spazi non urbani), dove si viene accolti da una scenografica visione della facciata del duomo di Sant’Andrea, maestoso edificio la cui costruzione risale, nelle prime fasi, al dodicesimo secolo. La chiesa appare ancora circondata da edifici di origine medievale, che la incorniciano esaltandone il fascino e la preziosità, in un insieme che rischiò di essere alterato con una serie di demolizioni prospettate nel piano edilizio del 1938 (mai attuato).
Nella piazza, in corrispondenza dell’ingresso laterale della chiesa, sulla facciata di un’antica casa con il piano terra interamente rivestito in marmo, esiste un bassorilievo con la figuretta del Pudore, fanciullo nudo in atto di coprirsi con le mani, sul cui significato si è sbizzarrita la fantasia popolare, identificandovi un luogo di punizione per le donne di malaffare o l’insegna di una levatrice.
La regolarità di questo tratto della piazza, e le corrispondenze con le attuali via Rossi, via Nuova e via Santa Maria, hanno spinto alcuni a riconoscere in questo segmento urbano parte del tracciato di un castrum di origine romana, ipotesi suggestiva ma che non ha trovato, ad oggi, alcuna conferma archeologica.
Oltrepassata la fontana del Gigante (1564) e la casa dove albergava Michelangelo, nelle sue soste in città, si svolta a sinistra seguendo via Finelli, tra alte case dalle quali emergono frammenti di storia, e si raggiunge la Porta del Bozzo, risalente alla cerchia medievale ma ricostruita, con la corrispondente torre sul Carrione, dal capitano di ventura Niccolò Piccinino (1386-1444) nel 1431.
La strada prosegue verso il sobborgo di Vezzala, corte antichissima forse sede di dogana sin dai tempi dell’Impero Romano. Risalendo lungo via Finelli, e lasciatasi piazza del Duomo sulla destra, si entra nella via Santa Maria, il cui sviluppo si data tra XI e XIV secolo. Il tessuto edilizio è fitto e ricco di testimonianze quali finestre a colonnini, resti di bassorilievi e ornati. All’incrocio con la Salita Repetti, voltando lo sguardo a sinistra, si può notare, inserita nella più recente muratura seicentesca, l’antico ingresso della rocca Cybo Malaspina, il cui aspetto attuale è frutto di una ricostruzione in stile neo medievale novecentesca.
Poco prima del termine di via Santa Maria, sulla destra, spicca la casa Repetti, casa natale del geografo e naturalista carrarese Emanuele Repetti (1776-1852); con i suoi due registri interamente rivestiti in marmo, e carichi di iscrizioni, simboli e ornati, l’edificio costituisce l’esempio meglio conservato di casa medievale a Carrara. Su uno stipite un graffito che si dice rappresenti Dante, mentre secondo la tradizione fu Francesco Petrarca ad alloggiare tra queste stanze, nel 1343. Internamente l’edificio è stato profondamente modificato, e l’esterno è reso poco leggibile dall’annerimento dovuto ai secoli, per il quale si attende un doveroso restauro.
A conclusione dell’itinerario si invita a percorrere le altre strade del centro, da via Rossi a via dell’Arancio, portandosi magari fino al rione del Cafaggio, oltre il corso del torrente Carrione, e lasciarsi affascinare dal continuo affiorare di segni della storia millenaria di Carrara da architravi, finestre e frammenti architettonici.