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La Carrara di marmo d’inizio Novecento  

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Sul principio del Novecento l’economia di Carrara conobbe una fortissima crescita economica, sostenuta dal favorevole andamento del mercato e dalle novità tecnologiche introdotte nell’estrazione, lavorazione e trasporto dei marmi. Questa espansione continuò, con l’eccezione del periodo bellico, fino al 1927: la ditta più grande, “Carlo Fabbricotti e Bernardo Fabbricotti e Figli”, arrivò ad occupare più di millecento lavoratori, con filiali internazionali e quattro grandi depositi con segheria sparsi tra Copenaghen, Amsterdam, New York e Buenos Aires. Gli imprenditori in grado di vendere marmi direttamente sui mercati mondiali erano una decina, e muovevano quantitativi medi che, tra 1925 e 1927, superavano le 245.000 tonnellate annue. La popolazione aumentava del 50% nel giro di trent’anni, sfiorando le sessantamila unità, valore in linea con quelli attuali.  

A questa vitalità economica corrispose un’estesa espansione edilizia, con il sorgere di nuovi edifici, perlopiù privati: l’apertura del viale XX Settembre (1906-1915), dotato di doppio binario per la tramvia elettrica, aprì nuove prospettive, e lungo il suo percorso si costruirono villini ed eleganti abitazioni per la borghesia del marmo.  

Gli interventi pubblici si concentrarono sulle infrastrutture, e tornarono ad assumere carattere architettonico solo dopo l’esplodere della crisi finanziaria: gli effetti della politica monetaria di Mussolini, che aveva portato a un’impennata dei prezzi del marmo, uniti all’onda d’urto della grande depressione del 1929, portarono a un crollo del mercato e al fallimento di molte aziende carraresi.   

Datano agli anni immediatamente successivi alcuni edifici monumentali realizzati con ampio ricorso all’utilizzo del marmo locale, il palazzo delle poste, ultimato nel 1934, l’Opera Nazionale Balilla, inaugurata l’anno successivo, e la sede dell’INAIL, iniziata nel 1940 ma terminata nel primo dopoguerra.  

Il primo, contrariamente a quanto fatto per le analoghe realizzazione delle vicine Massa e La Spezia, non fu affidato al solito Angiolo Mazzoni, architetto favorito dal regime per l’erezione di edifici postali e ferroviari, ma al carrarese Giuseppe Boni (1884-1936). L’edificio, che mantiene la sua funzione originaria, si trova all’ingresso del centro storico, all’incrocio tra via Aronte e via Mazzini, imponendosi sull’edilizia circostante con la sua imponente mole marmorea. La torretta ottagonale con l’orologio è il fulcro della costruzione e corrisponde al grande atrio centrale, articolato su due livelli, sul quale si aprono ancora oggi gli sportelli dei servizi al pubblico. La scala d’accesso è fiancheggiata da due monumentali statue in marmo di Sergio Vatteroni (1890-1975), Il Cavatore e Lo Scultore, mentre le ali laterali sono ornate da bassorilievi in bardiglio scuro che rappresentano allegorie delle comunicazioni Terrestri, Marittime, Aeree e Radio. Tutto è rivestito, internamente ed esternamente, da marmi locali con ampio ricorso al bardiglio, in varie gradazioni di colore, nell’intento di fornire una chiara dimostrazione delle possibilità offerte dall’uso del lapideo in campo edilizio. 

Allo stesso Boni si deve anche il disegno della Casa del Balilla, dove torna il motivo del corpo ottagonale d’angolo ad articolare il prospetto del complesso. Prevalgono, in questo caso, suggestioni rinascimentali, con un massiccio piano a bugnato liscio, sul quale si innalza un ordine gigante di lesene. Il rivestimento in marmo, di forte impatto monumentale, interessa tutto il basamento, e copre nella sua interezza il più semplice volume del teatro. Nel dopoguerra l’edificio ospitò il convitto consorziale “Vittorino da Feltre” quindi, dal 1985, il Liceo Artistico Statale “Artemisia Gentileschi”. La sala del teatro invece, è stata convertita a sala cinematografica d’essai nel 1980: attualmente ospita il “Nuovo Cinema Garibaldi”, gestito da privati, e si presta occasionalmente a spettacoli o eventi pubblici. 

A poche decine di metri si trova il palazzo INAIL, la cui facciata principale insiste su via Cucchiari: il progetto, elaborato dall’ufficio tecnico dell’allora INFAIL, fu realizzato da Aldo Scarzella (1890-1962) in puro stile razionalista, con un rivestimento in marmo che si estende fino all’avancorpo semicircolare su via Bartolini. Il complesso, dopo avere ospitato uffici ed abitazioni, giace purtroppo in stato di completo abbandono.