Domina da secoli, con la sua imponente mole, la piazza del Duomo di Carrara: è una statua in marmo, di proporzioni colossali, che raffigura Andrea Doria (1466-1560) in veste di Nettuno, ma per gli abitanti del luogo è da sempre, semplicemente, il Gigante. Fu realizzato dal grande scultore fiorentino Baccio Bandinelli (1493-1560), storico rivale di Michelangelo e Benvenuto Cellini, in una vicenda ricca di fascino ricordata, con dovizia di particolari, da Giorgio Vasari nelle sue Vite de’ più eccellenti architetti, pittori, et scultori italiani (1568).
Bandinelli frequentò a lungo l’ambiente carrarese, occupandosi sempre in prima persona dell’acquisto dei marmi per le sue opere: il primo contratto con i cavatori di Torano risale al 1523, quando egli acquistava un grande blocco per il gruppo di Ercole e Caco (in piazza della Signoria, a Firenze) e la sua presenza è documentata regolarmente fino al 1558, quando Baccio era impegnato nella ricerca del marmo per il Nettuno (destinato all’omonima fontana fiorentina) poi scolpito dall’Ammannati.
Nell’autunno del 1528, i Dodici Riformatori (scelti per rifondare la Repubblica di Genova) avevano stanziato i fondi per erigere un monumento in bronzo al Doria, ammiraglio e condottiero che aveva appena liberato la città dall’occupazione francese. L’anno successivo si era provveduto ad affidare l’incarico a Bandinelli, con la decisione di eseguire l’opera in marmo per il prezzo di mille ducati d’oro. Un disegno, oggi conservato nel British Museum a Londra, rivela l’aspetto di questo primo progetto: Andrea Doria, “pater et liberator” dei genovesi, sarebbe stato rappresentato nudo, all’antica, in veste di Nettuno, con il tridente nella mano destra e un piccolo delfino nella sinistra.
Baccio incassò un generoso acconto ma non ebbe modo di impegnarsi nel lavoro, dovendo prima completare le commissioni fiorentine: il suo atteggiamento finì per suscitare le ire del cardinale Girolamo Doria che, incontratolo a Bologna, aggredì lo scultore a suon di grida, minacciando di farlo mettere “alla galea”.
Finalmente, nel 1537, si trovò un accordo tra le parti, e Bandinelli, scelto un blocco alto all’incirca tre metri, iniziò a lavorare il monumento, non a Genova, come inizialmente si era chiesto, ma a Carrara. L’espediente poteva senz’altro abbassare i costi del trasporto via mare (che si calcolavano in base al peso del marmo), ma dietro la scelta di scolpire il Nettuno all’ombra delle apuane, si nascondeva il desiderio di indipendenza dello scultore, che non gradiva le continue interferenze del cardinale. La scultura avrebbe dovuto essere terminata sul principio del 1738 ma, pochi mesi prima, Bandinelli tornò a scontrarsi con i genovesi, che chiedevano la sua presenza in città per consegnargli altro denaro, ed abbandonò definitivamente l’opera.
L’aspetto attuale del Gigante riflette questa complessa storia: la statua è poco più che abbozzata in alcuni particolari (come le gambe) e più lavorata in altri segmenti (il torso ed il panneggio). La superficie presenta ancora, in molti punti, i segni dei ferri usati per la lavorazione, con un effetto che può ricordare il tanto celebrato “non finito” michelangiolesco, e che finisce per conferire un’aura enigmatica e titanica all’insieme. Andrea Doria non è più nudo, come nel disegno londinese, ma coperto quanto basta da un panno, come più si confaceva alla dignità di un personaggio vivente, e non si è conservato il tridente, che egli doveva tenere nella sinistra.
Il colosso rimase a giacere, in una bottega della vecchia Carrara, per quasi trent’anni, fin quando il marchese Alberico I Cybo-Malaspina, genovese di nascita, decise per un suo riutilizzo (1564): il Nettuno fu quindi innalzato su un robusto basamento e munito di un’ampia vasca in marmo. Da allora, i due grandi delfini, adattati a bocche da fontana, animano la piazza con lo scrosciare continuo dell’acqua, e la statua, dimenticato l’omaggio al Doria, è dedicata a “Neptuno maris moderatori” (Nettuno, governatore del mare), come recita una delle iscrizioni poste da Alberico sulla base del monumento.
La fontana, per secoli al centro della vita cittadina, fornisce ancora acqua potabile, ed un rudimentale scalino in marmo, posto al fianco della vasca, permette anche al visitatore moderno di rinfrescarsi rinnovando un rituale antico e popolare.
Il severo profilo del Gigante di Bandinelli (Zigànt nel dialetto locale), segna indelebilmente il panorama urbano della città, della quale è simbolo quasi quanto la ruota dello stemma comunale, ed ha il potere di rievocare, con il suo marmoreo vigore, tutto il fascino della Carrara cinquecentesca.