I ponti di Vara sono i resti più spettacolari della vecchia Ferrovia Marmifera, ardita impresa ingegneristica che permetteva il trasporto dei marmi, dalle cave di Carrara alle segherie del piano e agli attracchi portuali.
Il tragitto della linea ferroviaria Pisa-Genova, con la stazione di Avenza aperta nel 1862, passava a quasi cinque chilometri dal centro della città, problema che fu risolto pochi anni più tardi con l’apertura della diramazione per la stazione di Carrara-San Martino (1866, oggi soppressa). L’esistenza di questo tratto sussidiario creò i presupposti per la costruzione di una ferrovia che risolvesse il secolare problema del trasporto a valle dei marmi, fino a allora affidato all’antichissimo sistema dei carri a trazione animale.
I lavori, intrapresi da una società privata, iniziarono nel 1871, e cinque anni dopo si inaugurò il primo tratto della ciclopica struttura, che collegava i pontili caricatori di Marina di Carrara ai bacini di estrazione. Nel 1887 iniziarono i lavori per l’estensione del tracciato, nell’obiettivo di raggiungere anche i siti posti a quota più elevata, dove si trovavano i maggiori centri di escavazione. Per ottenere questo risultato si pose mano ad opere ingegneristiche di grande impegno che andarono a formare la parte più strabiliante del percorso. Al termine dei lavori (1890), la Ferrovia Marmifera si estendeva per più di ventidue chilometri, raggiungendo la ragguardevole quota di 455 metri sul livello del mare (presso Ravaccione) ed affrontando pendenze che potevano raggiungere, in alcuni tratti, il 70 per mille, su binari a scartamento normale.
Tra le infrastrutture, tutte ancora ben leggibili, spiccano le lunghe gallerie (quella del Tarnone raggiunge i 1274 metri di lunghezza), e gli altissimi viadotti: tra questi nessuno è stato capace di catturare l’immaginazione dei visitatori quanto i ponti di Vara, i grandi viadotti che attraversano il bacino di Miseglia unendo la galleria di Vara a quella del Monte Croce.
L’insieme consta oggi di tre ponti, ma quello lungo la strada Miseglia Fantiscritti è realizzazione moderna (1964), risalente al periodo in cui il tracciato fu convertito al trasporto su gomma. Dei due viadotti ottocenteschi invece, quello minore, detto del Canalpiccino conduce al bacino di Torano e si regge su tre alte arcate, mentre il maggiore, con le sue cinque arcate alte (nel punto massimo) 38 metri, è senz’altro il più ammirato.
Sosta obbligata per i turisti, questo ponte è stato riprodotto in un gran numero di opuscoli, cartoline illustrate e fotografie, finendo per diventare uno dei simboli più noti della città di Carrara. Monumentale presenza, che chiude il vallone di Fantiscritti come una quinta scenica, il ponte è stato usato come set per film e spot televisivi, ma la sua esistenza non è stata sempre accolta con favore: l’apertura della Ferrovia Marmifera metteva infatti a repentaglio l’antico mestiere dei bovari, gli storici fornitori dei buoi usati per il trasporto dei marmi. Nel 1899, a meno di dieci anni dalla fine dei lavori, un gruppo di agguerriti bovari decise quindi di sabotare la linea ferrata facendone saltare proprio l’infrastruttura più ardita e simbolica: il pilone centrale del maggiore tra i Ponti di Vara fu quindi caricato con una mina da dieci chili, causando un’esplosione che squarciò il silenzio della notte. L’attentato, tuttavia, non riuscì nell’intento di far crollare il viadotto, che rimase danneggiato solo in parte: le tre arcate di rinforzo, costruite per irrobustire ulteriormente i pilastri danneggiati, sono ancora ben visibili, a eterna memoria di questi conflitti sociali.
Soppiantata dal trasporto su gomma la gloriosa Ferrovia Marmifera su smantellata nel 1964; alcuni dei suoi impianti furono abbandonati, altri, tra i quali i Ponti di Vara, vennero convertiti al traffico stradale e sono ancora pienamente integrati nei percorsi della viabilità montana.