Arroccata tra le Apuane, a oltre cinquecento metri di altitudine, Colonnata conserva il fascino dell’antico borgo di cavatori, unito all’attrattiva esercitata dalla produzione e vendita del rinomato Lardo di Colonnata IGP.
Questo prelibato salume, preparato per secoli nelle cantine del paese, è stato considerato a lungo un piatto povero, pasto carico di energia per i lavoratori delle cave o per gli anarchici rifugiatisi sulle montagne dopo i moti del 1894. Rivalutato, grazie all’intraprendenza di alcuni produttori, ha ottenuto il riconoscimento di Indicazione Geografica Protetta nel 2002: la zona di produzione è molto ristretta, così come rigide sono le norme sulla stagionatura. Ricavato dal dorso di maiali adulti, il Lardo di Colonnata deve essere lavorato con sale marino naturale, pepe nero macinato, rosmarino fresco e aglio, mentre è facoltativo l’uso di erbe aromatiche ed altre spezie quali cannella, noce moscata, chiodi di garofano ecc. Da escludersi l’utilizzo di sostanze liofilizzate, aromi, conservanti e additivi. L’elemento che più caratterizza questo antico prodotto, tuttavia, è la tradizionale stagionatura nelle apposite vasche di marmo dette conche, un tempo realizzate a mano ricavandole da un unico blocco, oggi più frequentemente composte da lastre saldate tra loro in maniera opportuna. Dopo un periodo di almeno sei mesi, il lardo avrà rilasciato un’ingente quantità di “salamoia”, grazie al prolungato contatto col sale, e sarà pronto al consumo.
Alcuni raccontano di come lo stesso Michelangelo, raggiunti i monti di Carrara, facesse scorta di lardo, ma se la preferenza del Buonarroti rimane solo una popolare leggenda, la presenza in paese di conche secolari rivela l’antichità di questa particolare forma di lavorazione. Una tradizione, fatta di stagionatura e affinamento, che rispecchia la storia e la peculiare cultura dell’intero territorio carrarese, i cui prodotti non erano in grado di sopperire alle esigenze di tutta la popolazione, largamente impiegata nell’economia del marmo, sin dal Settecento. Le carni (e molti altri prodotti alimentari), erano quindi importate dalle zone limitrofe e poi “accomodate” per la stagionatura localmente. Questo spiega perché, ancora oggi, il lardo non sia lavorato da carni di animali allevati in paese (dove non sarebbe fisicamente possibile) ma provenienti da un ristretto numero di regioni italiane, e lavorato fresco entro 72 ore dalla macellazione.
Il borgo conserva ancora il suo impianto medievale, con stretti vicoli che invitano a scoprirne la storia millenaria, fatta di un rapporto strettissimo con il mondo delle cave. I numerosi reperti rinvenuti nel circondario rivelano come questi luoghi siano stati frequentati sin dall’epoca romana, ed il primo insediamento di Colonnata nacque forse come rifugio per i più antichi lavoratori di queste valli.
La parrocchiale del paese, opportunamente dedicata a San Bartolomeo patrono dei macellai, si trova nel punto più alto dell’abitato, ed è preceduta dal monumento al cavatore (1983) di Alberto Sparapani (1911-2004), nel quale sono raffigurate le varie fasi del processo di estrazione del marmo, dalla messa in sicurezza effettuata dai “tecchiaioli”, al taglio con il filo elicoidale, fino al trasporto con la “lizza”, la rudimentale slitta di legno che, sostenuta da funi, permetteva di calare i blocchi al piano della cava. Non manca, tra i rilievi, la figurazione d’un imponente “varata”, esplosione in grado di abbattere un’ampia porzione di montagna per aprire nuovi filoni estrattivi, in uno spettacolo grandioso e “terribile”, che affascinò (tra i molti) Umberto Boccioni e Gabriele d’Annunzio.
All’interno della chiesa, documentata dal XII secolo ma ricostruita nel Cinquecento, predomina la scultura: nel coro sono murati frammenti della primitiva ancona d’altare dell’edificio, realizzata dal fiorentino Andrea Guardi (†1476). Le tre figure superstiti, databili agli anni Sessanta del Quattrocento, raffigurano San Bartolomeo e, entro eleganti nicchie di gusto classicheggiante, San Pietro e Sant’Andrea. Nella navata un altare con un rilievo, Assunta tra i santi Lorenzo e Antonio Abate (protettore di norcini e salumai), opera di scuola carrarese del 1628. Di particolare rilevanza, infine, il prezioso crocifisso cinquecentesco, dal gusto arcaizzante ma dalla lavorazione finissima, che una tradizione popolare (assai fantasiosa) vuole di scuola michelangiolesca.
Scendendo verso la piazza Palestro, si incontrano il popolare monumento al maiale (2013) di Henri Beaufour, e la lapide agli anarchici “uccisi sulla strada della libertà”, a dimostrazione del profondo radicamento dell’anarchismo nel comprensorio di Carrara.
La visita a Colonnata non può dirsi conclusa senza una sosta in una delle numerose larderie (o ristoranti) del borgo, per assaggiare il delizioso lardo accompagnato al più classico crostino con il pomodoro, o usato come base per piatti più elaborati. Il consiglio è quello di cercare un prodotto stagionato almeno nove mesi, e di assaggiare anche le altre specialità degli affinatori locali, dalla crema di lardo alla “vergazzata” (pancetta stesa, aromatizzata e stagionata in conca).