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Luni e il marmo dei Romani

anfiteatro-luni

Luni era città fondata dai Romani alla foce del fiume Magra nel 177 a.C. come avamposto militare nella ventennale guerra che li vide contrapposti al popolo dei Liguri Apuani per il predominio su quei territori ed ha avuto una vita lunga più di un millennio. 

La città in origine si chiamava Luna e probabilmente deve il suo nome a una dea primitiva italica legata al culto di Artemide, anche se il toponimo portus Lunae era già noto prima della fondazione della città, che probabilmente avvenne su un insediamento etrusco, e quindi si può pensare che il nome derivi in realtà dalla forma dell’insenatura su cui è sorta, che ricorda appunto, una falce di luna; in seguito alla sconfitta dei Liguri Apuani divenne famosa proprio per il suo porto, marittimo e fluviale, da cui, soprattutto in epoca imperiale, partivano navi cariche di marmo delle Alpi Apuane, del legname delle foreste appenniniche, e prodotti locali come formaggi e vini citati come ottimi anche da Marziale e da Plinio.
La città crebbe in modo costante e decisivo soprattutto in età augustea, arrivando a contare 50.000 abitanti e divenendo, grazie alla propria posizione sulla via Aurelia, ma soprattutto al commercio del marmo delle Apuane, un ricco e monumentale centro di cultura ed arte raffinate e nel 275 d.C., in un impero ormai cristianizzato, un cittadino lunense, Eutichiano, arrivò ad essere eletto Papa. 

Nel IV secolo un forte terremoto distrusse molti degli edifici della città, che dunque iniziò a spopolarsi e comunque, a testimonianza della sua persistente importanza, nel V secolo venne eletta sede vescovile anche se prese il via da quel momento la sua lenta decadenza. 

Nel VI secolo Luni venne saccheggiata dai Goti e molti cittadini la abbandonarono definitivamente, nel 552 poi venne conquistata dai Bizantini e tornò a rivivere gli antichi fasti fin quando venne occupata dai Longobardi di Rotari nel 642 che ne distrussero le mura devastandola e questo inferse un colpo decisivo allo sviluppo della città anche per la lotta che gli occupanti ingaggiarono con i vescovi per il controllo amministrativo della zona. 

Nel 773, durante la campagna d’Italia contro i longobardi, Carlo Magno conquistò la città e ne fece un capoluogo sotto la guida di un vescovo-conte, ma a seguito dell’invasione dei norreni danesi di re Hastings la città venne praticamente distrutta. Vuole la tradizione che il re Hastings attaccò Luni scambiandola per Roma e, accortosi dell’errore si convertì poi al cristianesimo. 

Nonostante un nuovo periodo di prosperità sotto la guida dei vescovi-conti nel X secolo, l’insalubrità della zona, paludosa e malarica, e il progressivo insabbiamento del porto, causarono l’emigrazione degli abitanti verso Sarzana e quindi nel 1204 il papa Innocenzo II vi spostò anche la diocesi, segnando la definitiva morte della città. 

Luni era strutturata sullo schema del castrum romano, quindi attraversata ortogonalmente dal decumano, costituito dalla via Aurelia, in posizione più vicina alla costa rispetto al tracciato attuale, e dal cardo, che collegava il foro alla zona del porto. Sul foro si trovavano le facciate degli edifici pubblici e religiosi come, la Basilica Civile e il Capitolium, in stile ellenistico databile ai primi anni del I secolo d.C., il tempio principale della città dedicato alla triade capitolina ossia Giove, Giunone e Minerva. 

Oggi Luna è un sito archeologico e museale visitabile durante tutto l’anno, gli scavi raccontano bene la disposizione della città e si possono ammirare vari resti urbanistici, come il tempio della dea Luna, alcune abitazioni e botteghe, il teatro e il bell’anfiteatro che, esterno alla città, poteva contenere 7000 spettatori.  
Il museo archeologico all’interno del sito contiene i reperti venuti alla luce negli scavi dell’antica città Romana che proseguono a fasi alterne ancora oggi. 

Dal punto di vista storico sono ben visibili le tracce delle controversie che nel Medioevo hanno visto contrapporsi I vescovi-conti e i signori locali, principalmente i Malaspina, discendenti dalla nobile famiglia longobarda degli Obertenghi, per il controllo politico, militare e amministrativo della zona; per questo motivo in Lunigiana, in un territorio relativamente piccolo, si trovano moltissimi castelli e pievi. 

Parlando della Lunigiana capita di sentirla definire “La Terra dei Cento Castelli”, per capire come mai una tale quantità di manieri in una porzione di territorio così piccola occorre tener presente che la famiglia Malaspina, che aveva insediamenti nell’intera Lunigiana, continuò a seguire il diritto longobardo che prevede che tutti i figli maschi abbiano diritto a un proprio feudo e ogni signore locale alla propria fortezza.
Molte di queste fortezze, edificate principalmente tra l’XI e il XIII secolo con funzione di presidio militare, a seguito della definitiva rovina del potere dei vescovi-conti furono gradualmente trasformate in residenze signorili. 

Dei cento castelli della Lunigiana alcuni oggi sono scomparsi del tutto, altri sono ridotti a ruderi, certi comunque molto interessanti, ed una ventina sono invece quelli che sono stati mantenuti integri e sono oggi visitabili. Tra questi vale la pena di segnalare il Castello di Fosdinovo che,  inserito nel borgo medievale omonimo, pare ospitò Dante durante il suo esilio e mantiene tutti i tratti delle successive ristrutturazioni tra l’XI e il XVII secolo; la quattrocentesca Fortezza della Brunella che ospita al pian terreno il Museo di Storia Naturale della Lunigiana; il Castello di Malgrate, esempio canonico di fortezza medievale e il Castello del Piagnaro che dal 1975 è anche sede del Museo delle Statue Stele della Lunigiana. 

Altro elemento caratteristico di quel periodo sono le pievi, dal latino “plebs”, e cioè plebe, volgo, ad indicare l’origine povera e popolare delle stesse che spesso sono state edificate mescolando il sacro e il profano secondo una concezione religiosa che ancora non era riuscita a sostituire completamente antiche antiche credenze olistiche tradizionali con le nuove di matrice cristiana. Le pievi sono figlie della struttura sociale che si andò delineando sotto il controllo dalla nascente gerarchia ecclesiastica cattolica a seguito della caduta dell’Impero Romano d’Occidente, soprattutto nelle zone montuose, poco accessibili e controllabili dall’autorità centrale civile.
In particolare la diffusione delle pievi iniziò già nel V secolo, ma solo dal IX secolo cominciarono ad avere un significato propriamente religioso in quanto circoscrizione ecclesiastica in cui venivano divise le diocesi, normalmente rappresentate da una chiesa rurale da cui dipendevano altre chiese e cappelle, secondo il moderno concetto di parrocchia