La cucina tipica carrarese è sostanziosa e dai sapori forti, deriva delle necessità del lavoro in cava, anche per questo motivo di compone di piatti che spesso si possono mangiare anche freddi nei giorni seguenti alla preparazione.
Il lardo di Colonnata certamente la fa da padrone divenendo ingrediente particolare in molti piatti, e certamente che vuole gustare ogni aspetto della cultura culinaria di Carrara non può esimersi dall’iniziare, come antipasto, dai crostini con questo specifico salume, che posto sul pane caldo sprigiona, sciogliendosi leggermente, tutto il suo sapore. Una fetta di pomodoro alleggerisce il forte gusto del lardo e rende unico questo piatto.
Tra i primi la fanno da padrone i taglierini nei fagioli, che prevedono la preparazione casalinga dei taglierini di sola acqua farina e sale, tradizionalmente “alti al canèd e basi al coltèd” cioè alti al mattarello e fini nel taglio, che vanno cotti in un brodo ottenuto dalla lenta bollitura di fagioli borlotti, cavolo verza, e patate (d’estate si aggiungono anche fagiolini verdi e zucchine), mentre a parte si soffrigge un trito di lardo di Colonnata, sedano, carota, cipolla e prezzemolo a cui poi va unito un pomodoro fresco spellato e il tutto si sfuma con il brodo dei fagioli aggiungendo origano e timo. A metà cottura la metà dei fagioli viene passata e rimessa a bollire assieme al soffritto. Il risultato che caratterizza questo piatto semplice ma gustosissimo è un brodo denso che è ottimo anche nei due o tre giorni seguenti, freddo, dopo aver riposato in frigo ed essersi indurito tanto che si dice che il cucchiaio deve poter rimanere ritto infilzato al centro della scodella. Da non dimenticare una cotenna di lardo da buttare in pentola durante la bollitura.
Tra i secondi bisogna senza dubbio segnalare il baccalà marinato, che si prepara a partire dai pezzi di baccalà ammollato infarinati e fritti con la lisca, che si dice dia più sapore al pesce; nel medesimo olio di frittura poi si soffriggono rosmarino aglio e peperoncino a cui si aggiungeranno passata di pomodoro e aceto. Questo gustoso condimento, la marinata appunto, viene poi versato sul baccalà. Il tutto deve riposare almeno un giorno e si può mangiare anche freddo o tiepido. Questa gustosa e saporita specialità era sempre presente nelle vecchie cantine, dato che invitava gli avventori a bere qualche bicchiere in più. Tipico dei cavatori era portare con sé un bel pezzo di filone di pane nella sua estremità, svuotato dalla mollica, riempito di baccalà marinato e tappato con la mollica stessa.
Due prodotti che sono stati fonte di sostentamento per la popolazione locale durante i periodi di carestia, in particolare nei periodi di guerra sono stati la polenta e la farina di castagne dato che vi sono estesi boschi di castagni su queste montagne.
Per quanto riguarda la polenta, al di là della preparazione classica, c’è una variante locale molto gustosa che racconta l’arte di arrangiarsi in periodi di magra: la polenta incatenata, che si ottiene aggiungendo alla farina di mais i fagioli dall’occhio lessati e una buona quantità dei cosiddetti erbi di vigna e cioè quelle decine di erbe selvatiche ma commestibili che crescono spontaneamente nelle vigne o lungo i sentieri, come, per citarne alcune, la borragine, il cardo, l’asparagina, l’acetosella, la malva, la menta il lavarone, e le bietole spontanee. Ovviamente la ricetta cambia in virtù della stagione e dei gusti. La polenta così ottenuta, se avanza, si frigge a fette.
Con la farina di castagne si cucinano molti piatti, ma certamente il più tipico, a Carrara, è il castagnaccio, un dolce molto calorico che viene preparato soprattutto nel periodo della Befana. L’impasto è composto da farina di castagna, acqua, una sultanina e pinoli, versato in teglia e cotto in forno con l’aggiunta di rami di rosmarino. Nelle varie versioni locali possiamo trovare anche la buccia d’arancia, le noci o i semi di finocchio, anche se l’origine povera del dolce ovviamente non prevedeva altro che acqua, farina di castagne e rosmarino.
Un piatto unico molto caratteristico della zona e che unisce mare e monti sono le cozze, che qui si chiamano “muscoli”, ripiene. La ricetta prevede di lessare i muscoli ed estrarli dai gusci per tritarli ed unirli ad un impasto di macinato di manzo, mortadella, mollica di pane bagnata nel latte, pomodori, uova vino bianco, aglio e spezie. L’impasto va poi reinserito all’interno dei gusci, che quindi dovranno avere grandi dimensioni, per poi legare le valve con dello spago. Quando i muscoli saranno pronti vanno posti a spirale in una casseruola e cotti nella passata di pomodoro e nel loro brodo.
Ultima, ma non ultima, la torta di riso. Questo dolce tipico nato come torta pasquale e immancabile alla festa dei santi patroni che cadono in primavera, ma ormai presente tutto l’anno, prevede pochi ingredienti di base: riso, uova, zucchero, latte e un pizzico di sale, ma il rapporto tra le uova e il latte (in alcune versioni se possono contare diciotto per litro di latte) e lo zucchero per comporre la crema, e il rapporto tra la quantità di crema e il riso fanno sì che ogni paese, ogni frazione abbia una sua variante che può prevedere anche il liquore (Alchermes, Sassolino, Anice…) e la scorza di limone. Ovviamente ogni località rivendicala propria come la versione più tradizionale e certamente più gustosa. Vale la pena assaggiarle tutte.