Oggi di proprietà comunale, lo storico Teatro degli Animosi di Carrara deriva il suo nome dall’iscrizione dedicatoria posta nella balaustra: “MDCCCXXXIX // a ingentilire i costumi // per l’arte // che più alletta ed ammaestra // i cittadini // animosi erigevano”.
La sua costruzione si dovette all’impegno di un’associazione tra privati, un “Accademia del Teatro”, fondata nel 1836, con lo scopo di dotare la città di un degno teatro, dopo lo smantellamento della struttura allestita nel XVII secolo all’interno del palazzo ducale. Gli “Animosi” cittadini, nobili ed esponenti dell’alta borghesia, affidarono il progetto ad un giovane architetto lucchese, Giuseppe Pardini (1799-1884), ed inaugurarono il loro teatro nel dicembre del 1840, con la messa in scena della commedia di Alberto Nota, La Donna Ambiziosa. Dimostrando tutto l’orgoglio, e la fiera indipendenza, della Carrara ottocentesca, gli accademici avevano eretto l’edificio senza alcuna sovvenzione pubblica, e i palchi migliori erano proprietà privata dei sottoscrittori; non stupisce apprendere come il duca di Modena Francesco IV, al quale era pur stato riservato il palco centrale, decorato con l’aquila estense, abbia declinato l’invito a presenziare all’inaugurazione, rimanendo estraneo alle dinamiche di un territorio che gli apparteneva solo per eredità materna (in quanto figlio di Maria Beatrice d’Este).
Orientato in modo da catturare lo sguardo di chi proviene dalla vicina piazza Alberica, il teatro s’impone con la severa eleganza della sua luminosa facciata in marmo: l’architettura è fortemente caratterizzata dal contrasto tra le massicce ali a bugnato e la tridimensionalità dell’elemento centrale, impostato su massicci pilastri al livello inferiore (da dove si accede al foyer), ed alleggerita superiormente da un agile sequenza di colonne ioniche, disegnate secondo un gusto alla greca squisitamente ottocentesco. La balaustra, arricchita da motivi a ghirlanda, avrebbe dovuto essere coronata da sculture a carattere allegorico, mai realizzate, nell’intento di conferire slancio verticale all’insieme.
La sala è preceduta da un solenne foyer, con colonne in marmo, soffitto a cassettoni e medaglioni in gesso con ritratti di celebri musicisti e poeti (opera di Carlo Nicoli). Nelle nicchie due allegorie in gesso di Carlo Chelli (Musica e Poesia), modelli per opere in marmo destinate al Teatro Municipale di Santiago del Cile.
L’interno affascina per il contrasto tra il biancore degli elementi in marmo, la leggerezza delle decorazioni pittoriche (eseguite nel 1870 da Carlo Pellini), ed il rosso dei velluti: un insieme di bellissimo effetto che colpì anche un illustre visitatore come Charles Dickens, che descrisse gli Animosi come un “beautiful little Theatre, newly-built” (piccolo e bellissimo teatro, di nuova costruzione), nel suo celebre viaggio in Italia del 1846. Dickens ricordava anche, con grande meraviglia, di avere ascoltato dei cori formati da cavatori, autodidatti ma perfettamente intonati, impegnati in una rappresentazione della Norma di Bellini, testimoniando così lo storico amore dei carraresi, di ogni fascia sociale, per il bel canto e l’opera lirica. Un carattere popolare confermato dalla presenza di un loggione, sopra i tre ordini di palchi, i cui frequentatori erano famosi per la severità (e la competenza) del giudizio critico, espresso sovente senza mezzi termini.
Al livello del secondo ordine si trovano anche gli eleganti ambienti del Ridotto, ai quali si accede da uno scalone monumentale con entrata indipendente, posta a destra della facciata. Tra queste sale si svolgevano le attività del Casino Civico, un raffinato ambiente nel quale si riuniva per occasioni mondane la ricca borghesia carrarese di fine Ottocento: resta traccia di quella fastosità nell’ambiente centrale, che ancora conserva la sua decorazione in stile impero, con grandi specchi e lussuosi decori bianco e oro.
Questo entusiasmo popolare portò all’apertura di un più ampio e capace teatro, il Politeama Giuseppe Verdi (1892), ed il teatro Animosi si trovò presto convertito a cinematografo (1906). Dal 1964 la struttura, divenuta di proprietà comunale, ospitò rassegne culturali ed eventi, tra i quali un celebre congresso mondiale degli anarchici (1968). Dal 1968 ripresero infine le rappresentazioni teatrali, che ebbero nuovo slancio con il primo grande restauro concluso nel 1986.
La necessità di adeguare la struttura alle norme di sicurezza ha portato quindi a un nuovo restauro, prolungatosi, con alterne vicende, dal 2010 al 2019. Riaperto definitivamente al pubblico, il teatro ospita una regolare stagione con prosa, concerti e rassegne di musica classica; i locali del ridotto, riconsegnati alla città nel 2024, accolgono conferenze e incontri musicali di varia natura.