Luogo di grande fascino, ai piedi delle Alpi Apuane, il Cimitero Monumentale di Marcognano è una delle più toccanti e monumentali vestigia di quella che può essere considerata l’epoca d’oro della Carrara moderna, quando l’estrazione e la lavorazione del marmo spingevano la città a inediti ritmi di crescita economica, sociale, urbanistica e demografica.
Il primo progetto per la costruzione di un nuovo cimitero risale al 1885, quando risultò evidente come il vecchio camposanto suburbano (in corrispondenza dell’attuale piazza Matteotti), non fosse in grado di soddisfare le esigenze della città. L’intento era, sin da queste prime fasi, non solo volto al decoro e all’igiene, ma alla monumentalità del complesso: “un cimitero che possa essere degna dimora degli estinti e decoro artistico del nostro paese”. Il sindaco di Carrara esigeva un’opera che non fosse solo funzionale ma “degna della città dei marmi, della città che diede vita a tanti artisti”. L’architetto piemontese Leandro Caselli (1854-1906), giunto in città come ingegnere comunale nel 1884, ideò quindi un’imponente architettura, articolata su un tempietto centrale con cupola, il tutto in forme “greco-romane”.
L’apertura del nuovo cimitero rese necessaria anche la creazione di un nuovo sistema viario, con un grande ponte sul torrente Carrione e un ampio viale alberato che voleva fornire la città di una “gradevole passeggiata”. Caselli, che lasciò la città per un nuovo incarico, nel 1892, aveva previsto che i lavori potessero durare qualche decennio, usando dati statistici per prevedere l’afflusso di defunti verso la struttura ancora in fase costruttiva. Epidemie e alluvioni, unite all’incessante crescita demografica di Carrara, andarono però a incidere, assai presto, su questi piani, e il completamento di Marcognano dovette procedere ad altri ritmi, tralasciando in gran parte gli elementi decorativi previsti da Caselli.
Il tempietto centrale non fu mai realizzato, e sostituito da una più modesta cappella posta nei pressi dell’ingresso principale, ma alla monumentalità del complesso provvidero presto le famiglie della grande borghesia del marmo, erigendo sontuose cappelle funebri, riccamente decorate.
La struttura è ancora in funzione; l’accesso quotidiano è pertanto libero, la mattina e il pomeriggio (con orari che variano in base alle stagioni), ma si raccomandano abbigliamento e atteggiamento adatti alla natura del luogo, anche per le visite a soli fini turistici.
La chiesa sacrario centrale è rivestita di lapidi che ricordano caduti delle due guerre mondiali, con iscrizioni spesso drammatiche e commoventi. Proseguendo verso sinistra il cammino avanza tra lapidi di inizio Novecento, spesso corredate da ritratti penetranti e ornati di magistrale esecuzione, a dimostrazione dell’alto livello tecnico raggiunto dagli scalpellini e dagli scultori carraresi del tempo.
Passeggiando tra i viali del complesso si incontreranno sovente sepolture di illustri artisti locali, da Ferdinando Pelliccia (1808-1895), a lungo direttore dell’Accademia di Belle Arti della città, a Giuseppe Lazzerini (1831-1895) e il figlio Alessandro (1860-1942), le cui sculture partivano per tutta Europa (ma anche per gli Stati Uniti d’America e il Messico), fino ad Arturo Dazzi (1881-1966), il cui severo monumento è posto nei pressi dell’ingresso.
Spicca, fra le sepolture degli scultori, quella della famiglia Nicoli, sovrastata da un pensoso angelo in bronzo di raffinata esecuzione: vi trovano riposo Carlo Nicoli (1843-1915) e i suoi eredi, fino all’omonimo pronipote scomparso a novantuno anni nel 2021 dopo aver diretto per decenni gli studi di famiglia.
Tra le cappelle più significative, poste in massima parte nella sezione più alta del cimitero, su una grande terrazza dalla quale si gode di un bel panorama sulle cave del bacino di Torano, quelle dei Triscornia e degli Orsini, in stile egizio, l’originale sepolcro Mattioli, con un vivido busto ritratto su una piramide tronca di chiara ispirazione massonica, e l’austera cappella Beretta, ispirata alla tomba monumentale di Mazzini a Staglieno (in ricordo della partecipazione di alcuni membri della famiglia all’esecuzione del monumento a Mazzini di Genova).
Molto apprezzata la sequenza dei grandi angeli che caratterizzano, con la loro scenica ed emozionante presenza, alcuni tra i sepolcri posti nell’estremo settore sinistro del cimitero: al già citato esemplare della cappella Nicoli vanno senz’altro aggiunti quelli dei monumenti Maggesi, Pisani-Corradi, e Berring-Nicoli.
Assai notevole anche la lapide tombale scolpita da un giovane Nardo Dunchi (1914-2010) per ricordare il fratello Carlo, scomparso nel 1945, e la sentita dedica del poeta Ceccardo Roccatagliata Ceccardi (1871-1919) per la giovanissima maestra Assuntina Dini.
Tra i personaggi illustri, che riposano a Marcognano, vanno ricordati perlomeno il geologo Domenico Zaccagna (1851-1940) e il commediografo Cesare Vico Lodovici (1885-1968): uno dei monumenti più tragici e coinvolgenti, tuttavia, non è dedicato a ricchi industriali o protagonisti della vita culturale, ma ai dieci cavatori, tra i tredici e i settantuno anni, che persero la vita nella frana della cava di Bettogli, il 26 luglio 1911.