Le colline del Candia si estendono tra i comuni di Massa e Carrara, in una fascia pedemontana assolata ed esposta alle brezze marine, con lo splendido scenario delle Alpi Apuane a fare da anfiteatro naturale per questo incantevole paesaggio.
Vi si producono, con metodi per i quali si usa spesso il termine di “viticoltura eroica”, i vini con la denominazione di origine controllata “Candia dei Colli Apuani”: il primo disciplinare di produzione risale al 1981, ma questi colli sono noti da tempi ben più remoti per i loro vini dorati e soavi.
Già Montaigne, che sostò a Massa nel suo viaggio in Italia del 1581, parlava dei freschi vini della zona che, secondo il suo racconto, si bevevano giovani, non invecchiati. Nel 1779 il Farsetti lodava l’ottimo vino del “Monte Libero”, antico sito fortificato nella zona del Candia, il cui antico nome “Mons Liber” viene ricondotto al culto del dio italico Liber Pater, dio della virilità e del vino, assimilato a Dioniso.
Non è il caso di scomodare Plinio il vecchio, che parlava delle viti “Apiane” in riferimento all’antica Luni (più probabile intendesse vini delle Cinque Terre o dei Colli di Luni), ma è pur vero che, nell’edicola romana di Fantiscritti (proveniente dalle cave di Carrara), accanto a Giove ed Ercole si trova raffigurato proprio Bacco, in una triade dal forte valore simbolico.
A inizio Ottocento, il conte Lodovico Lizzoli esortava i coltivatori locali a migliorare la produzione di “vini di lusso” e “perfezionarli in guisa che superino in bontà e in delicatezza la maggior parte dei vini forastieri”. La vocazione vinicola delle colline massesi era riconosciuta apertamente, ma presentava un grosso problema: i “segreti” per dar vita ai vini migliori, secondo Lizzoli, erano conosciuti solo da due o tre famiglie di produttori!
Il “Candia dei Colli Apuani” D.O.C. viene oggi prodotto in ben nove tipologie, a cominciare dal più tradizionale bianco, che può essere anche frizzante, secco o amabile, e prevede l’uso prevalente di Vermentino (minimo 70%) e di altri vitigni a bacca bianca, tra i quali si è soliti privilegiare l’Albarola e la Malvasia del Candia.
Analogo uvaggio può essere utilizzato per il raro Candia Vin Santo, che richiede un appassimento naturale in locali appositi e l’invecchiamento in piccole botti (caratelli) di legno, e per quello a Vendemmia tardiva, mentre il Candia Vermentino Bianco si distingue solo per il maggiore apporto (almeno 85%) di uve Vermentino.
Le tipologie rosso e rosato richiedono almeno il 60% di Sangiovese, nella più classica delle tradizioni toscane, con l’aggiunta di altre uve a bacca rossa e una quantità massima di Merlot pari al 20% del totale.
Molto interessanti le altre etichette dedicate ai rossi del Candia, quelle che prevedono l’uso di vitigni autoctoni quali il Vermentino Nero e la Barsaglina (o Massaretta).
Considerato vitigno “difficile”, il Vermentino nero ha origine oscure, ma è considerato tipico del territorio apuano; regala vini vigorosi e fragranti, fruttati e corposi, con note tipicamente speziate, destinati a un medio invecchiamento.
La Massaretta è altro vitigno autoctono, a lungo usato per vini da taglio e poi quasi scomparso: uva complessa e dal carattere non facile, richiede costanti attenzioni, in vigna e in cantina, per evitare la comparsa di certi difetti che segnavano i vini “del contadino” di queste zone. Riscoperta negli ultimi anni, grazie all’impegno di pochi ostinati produttori, la Massaretta (o Bersaglina) genera vini di grande personalità, sinceramente territoriali, fruttati al naso e speziati, con note astringenti destinate a smussarsi con un moderato invecchiamento.
Il Consorzio di tutela Candia dei Colli Apuani riunisce una ventina di produttori, divisi tra i comuni di Massa e Carrara: le forti pendenze, lo sviluppo su terrazze e gradoni e la coltivazione difficoltosa, fanno sì che le aziende coinvolte mantengano dimensioni artigianali, con piccole produzioni, molto specifiche, e conduzione familiare. I vini dei colli di Candia non hanno mai caratteristiche industriali, e sono frequentemente premiati nelle manifestazioni dedicate ai “vini eroici”; il Consorzio di Tutela è stato il primo, nel suo genere, ad aderire al Cervim (Centro di Ricerca per la Viticoltura Montana), ente che organizza rassegne internazionali dedicate ai “vini estremi”, e persegue lo sviluppo di una viticoltura sostenibile, dove la qualità dei prodotti vitivinicoli va di pari passo con la conservazione dell’ambiente e la tutela del paesaggio.