Le origini della località di Forno risalgono al neolitico, ma la sua configurazione attuale deriva dall’esistenza di fabbriche per la lavorazione del ferro estratto dalle miniere circostanti, già attive nel XIII secolo. Durante il XIV-XVI secolo l’unione tra le ferriere e la potenza idraulica fornita dalle sorgenti del fiume Frigido ai piedi del borgo, ha reso la località famosa per lo sviluppo di attività produttive preindustriali. Nel corso del XVII-XVIII secolo Forno visse un periodo di crisi dovuto alla deforestazione della zona: questo generò un ulteriore crisi nel settore siderurgico che cedette spazio all’estrazione dei marmi delle cave vicine e all’industria cappelliera. Quest’ultima ha reso Forno un importante centro di produzione iniziando a vantare di otto fabbriche per la fabbricazione di cappelli venduti sia in Italia che all’estero. Le fabbriche arrivavano ad acquistare materiali pregiati provenienti dall’Egitto, dalla Francia, dalla vicina Sicilia e diverse altre località. Verso la fine del XIX secolo, a seguito dell’intensificazione dell’industria del marmo, il borgo fu protagonista di altre modifiche. Prendendo ispirazione dai villaggi industriali britannici fu pianificato un insediamento industriale che comprendeva nucleo in grado di ospitare più o meno 1000 persone, comprendendo residenze, luoghi di lavoro, abitazioni per operai e servizi sociali in grado di aiutare e sostenere i lavoratori impegnati nella fabbrica. A seguito di ciò venne creato il centro produttivo della Filanda, costruito ai piedi del Frigido vicino a un’antica ferriera risalente al XVIII secolo. La fabbrica produceva filati di cotone sfruttando l’energia ricavata dalla sorgente, offrendo lavoro a centinaia di persone che beneficiavano di servizi particolarmente all’avanguardia.
Ma come funzionava la filanda? Le balle di cotone giungevano al magazzino, dove venivano stoccate in attesa di essere lavorate. Dal magazzino, venivano poi trasportate al reparto chiamato Mischia. Qui venivano aperte e mescolate per ottenere una fibra uniforme: la miscelazione era fondamentale per garantire la qualità del prodotto finale. Dopo la miscelatura, il materiale veniva inviato ai battitori, macchine che riducevano i fili di cotone da tre a uno. Il processo serviva a pulire e districare le fibre di cotone, preparandole per la fase successiva di preparazione alla filatura, che includevano: le Carde, lo Stiratore, il Banco Grosso, Medio e Fine. Il materiale passava poi attraverso i Fusi, dove veniva effettivamente filato trasformando le fibre in filati continui. Una volta filato, il prodotto veniva passato attraverso le Aspe e i Bubiloni per essere annodato e avvolto in matasse. Infine, il filato finito veniva lavato per rimuovere eventuali residui e migliorare la sua morbidezza e lucentezza. Dopo il lavaggio, il prodotto veniva poi trasportato nel magazzino dove veniva confezionato e preparato per la spedizione. Il processo articolato in molteplici fasi, richiedeva una grande quantità di manodopera e macchinari specializzati. La Filanda rappresentava quindi un importante centro produttivo e di organizzazione industriale particolarmente avanzata per l’epoca. Dopo un periodo proficuo, la Filanda fu incendiata nel 1944 dall’esercito nazista che segnò il borgo con eventi bellici, ricordati annualmente nel mese di giugno presso l’Oratorio di S. Anna, costruito nel 1600. La località fu luogo dell’eccidio di massa in cui nel 1944 persero la vita quasi 70 persone.
Nel 1985 la filanda fu restaurata e attualmente ospita il Centro Documentazione e Accoglienza Visitatori del Parco delle Alpi Apuane. All’interno del borgo, sono diverse le strutture che ricordano la storia di Forno. A valle è presente la chiesa di San Pietro, mentre percorrendo la via Vecchia, si giunge alla Casa dei Leggi. Lungo la Via del Commercio, si trovano invece la Casa Socialista e appena fuori dal paese è presente il Palazzo Operaio, che riusciva ad ospitare i lavoratori della Filanda.