Con le sue qualità architettoniche e il consistente patrimonio storico artistico, l’Insigne Collegiata di Sant’Andrea, duomo di Carrara, è uno dei monumenti più rilevanti della città, se non dell’intera provincia, e una tappa tra le sue antiche mura, cariche di spiritualità, è imprescindibile quando si visita la città del marmo.
Incastonato tra le strette viuzze del centro storico, l’edificio ha una storia che affonda le radici nell’epoca remota in cui l’antica Luna, città romana posta in prossimità della foce del Magra, era preda di incursioni saracene. Le chiese suburbane di quell’antico insediamento si trasferirono in centri più sicuri, lontani dalla costa, e la primitiva pieve di Carrara può ben essere considerata la continuazione ideale della chiesa battesimale di Sant’Andrea di Luni.
Le prime notizie della chiesa risalgono al 1035 ma il suo aspetto attuale si deve a più fasi costruttive, succedutesi fino al XIV secolo. La maestosa facciata a capanna è dominata dal prezioso rosone, inserito in un raffinato loggiato lavorato con fini trafori in marmo; il motivo ricorda da vicino la facciata di Santa Caterina a Pisa, terminata nel 1350, data alla quale si riconduce anche questa fase costruttiva di Sant’Andrea. Il registro inferiore è antecedente, e le sculture del portale, di scuola parmense, sono ritenute le più antiche di Carrara (1070-1080).
L’accesso avviene tramite la porta di San Giovanni, sul fianco della chiesa, e all’ingresso si viene accolti da un recentissimo pannello dotato di postazione touch screen, dal quale è possibile navigare sul sito del duomo con informazioni dettagliate sulla storia e sulle opere conservate nell’abazia, e la possibilità di illuminare le varie sezioni della chiesa con un piccolo contributo.
L’edificio ha pianta rettangolare, con abside semicircolare, ed è articolato in tre navate; la sua struttura è interamente in marmo bianco scavato dalle vicine montagne, le navate laterali hanno copertura a crociera, mentre il grande soffitto a capriate della navata centrale, è stato ricostruito in seguito ai danni subiti nella Seconda guerra mondiale.
Sulla sinistra, nella controfacciata, si viene accolti dall’altare dei Santi Quattro Coronati (1861), opera giovanile di Pietro Lazzerini (1837-1917): il culto dei quattro santi martiri, protettori degli scalpellini, fu molto vivo a Carrara, città storicamente vocata alla scultura, e il basamento sul quale poggiano le figure è ornato dai simboli delle arti.
Segue nella navata destra, oltre l’altare di san Ceccardo patrono della città, il trecentesco sarcofago del santo, retto da due putti seicenteschi, e il gruppo delle “Cassanelle”, elegantissima Annunciazione di gusto francese. L’origine delle due pregevoli statue, che sono state definite “uno dei grandi enigmi della scultura del Trecento in Italia”, è ancora ignota, ma potrebbe essere opera di un’artista d’oltralpe, forse venuto a Carrara per acquistare dei marmi.
La navata è conclusa dall’altare del Santissimo Sacramento, la cui erezione fu affidata nel 1524 a una società composta da Battista da Carona (in ruolo prevalentemente organizzativo) Domenico del Sarto (per l’architettura e l’intaglio) e Giovanni del Mastro (per le figure). L’opera, completata nel 1527, testimonia la nuova cultura figurativa che si diffonde a Carrara nei primi decenni del Cinquecento, ed è di grande rilevanza, in quanto prima importante realizzazione affidata a botteghe locali. Sul modello di questo altare furono realizzati l’altare del Corpo di Cristo in San Pietro a Massa e quello detto “del Portello” nello stesso duomo di Carrara. Le sculture nelle nicchie, e il fastigio superiore, sono da ricondursi a fasi successive.
L’area del presbiterio è delimitata da due elementi dello smembrato coro cinquecentesco, realizzato da Domenico del Sarto nel 1534, mentre l’altare maggiore, seicentesco, è sovrastato da un magnifico crocifisso su tavola trecentesco, attribuito al pittore lucchese Angelo Puccinelli.
Notevole anche il pulpito marmoreo, che riporta la data 1544, ultima opera del già nominato del Sarto eseguita con l’aiuto di Matteo Marasi; la scala di accesso fu invece aggiunta nel 1593 da Tommaso di Pietro Sarti, nipote dello scultore Domenico.
A capo della navata sinistra, in prossimità del portale che immette nella sacrestia, si trova l’altare dell’Assunta (o del Portello), la cui esecuzione (1579) si deve ad Andrea Pelliccia, per la parte architettonica, e al reggiano Prospero Sogari (1516-1584), per le sculture.
A poca distanza si trovano i frammenti del polittico scolpito che il fiorentino Andrea Guardi (1405-1476) realizzò per l’altare maggiore tra 1460 e 1465; il gruppo centrale, con la Madonna col Bambino, è affiancato dalle figure di San Pietro, San Giovanni Battista, Sant’Andrea e San Paolo. L’alto gradino sottostante è decorato da rilievi con (da sinistra a destra), Crocifissione di San Pietro, Decollazione del Battista, Crocifissione di Sant’Andrea e Conversione di San Paolo, alternati a figure di Dottori della Chiesa e dalle figurette dei committenti in atto di preghiera. Il polittico è stato ricomposto, nello stato attuale, nel 1947-48, ma fanno parte dell’insieme anche il rilievo con l’Incoronazione della Vergine, posto a poca distanza, ed ulteriori elementi conservati presso la locale Accademia di Belle Arti.
Seguono l’altare della Madonna del Popolo, venerata come regina e patrona della città, la bella vasca battesimale del 1527, recentemente ricollocata, e l’altare della Santissima Annunziata, con architettura rinascimentale, crocifisso ligneo della scuola di Ferdinando Tacca (1619-1686) e gruppo marmoreo dell’Annunciazione, opera di inizio Settecento della bottega dei Baratta (che avevano la loro sepoltura ai piedi dell’altare).
Aggirando la vasca battesimale si accede ai locali dell’oratorio noto come Compagnia Grande, dove si viene accolti dall’altare del Riscatto, di Giovanni Antonio Cybei (1706-1784); l’insieme è corredato di un rilievo in marmo, terminato entro il 1768, che illustra la particolare missione dell’ordine dei Trinitari. I santi fondatori Felice Valois e Giovanni de Matha intercedono con la Santissima Trinità per ottenere la liberazione (riscatto) dei due schiavi inginocchiati, sui quali l’angelo posa le mani. Il particolare culto si diffuse in tutta la Toscana, dalla casa madre di Livorno, e raggiunse Carrara nel 1744, a poca distanza dalla liberazione di un carrarese imprigionato ad Algeri, ad opera dell’ordine.
Lo stesso Cybei, scultore e sacerdote, Canonico Primicero in Sant’Andrea e primo direttore dell’Accademia di Belle Arti, era molto legato al culto: eresse l’altare a proprie spese e chiese di essere sepolto ai piedi dello stesso. Il desiderio dell’anziano abate non poté essere soddisfatto del tutto, ma la sua sepoltura, tutt’oggi esistente, fu realizzata nello stesso ambiente, a pochi metri di distanza, innanzi all’altare maggiore, sovrastato dalla splendida Vergine del Rosario (1739), grande macchina da processione realizzata da Cybei, in occasione del suo ingresso nel sacerdozio.
All’estremo opposto dell’oratorio, tra vari frammenti provenienti dall’interno della chiesa, si trova un pregevole fonte battesimale a calice, di forma esagonale, arricchito da finissimi lavori di intaglio e da una statua del Battista: fu completato prima del 1584.
La visita si conclude con una sosta nel cortile della canonica, armonioso edificio risalente al 1549, da dove si può ammirare l’alta torre campanaria, risalente alla seconda metà del Duecento.